A cosa serve la Haute Couture?

Lontana dalle tendenze e dalle mode passeggere, la Haute Couture occupa un posto unico nel lusso. Ma questa posizione come fuori dal tempo è sempre valida in un settore in costante evoluzione? Quale valore può ancora offrire ai marchi?

Si può ancora essere d’attualità quando si hanno oltre 160 anni di storia? L’origine della Couture di norma viene fatta risalire al 1858, quando Charles Frederick Worth fonda a Parigi la propria “maison speciale di novità confezionate”. È il primo a lanciare e firmare le proprie collezioni, a considerarsi uno stilista e a presentare le proprie creazioni facendo sfilare delle indossatrici in carne e ossa in lussuosi saloni. In pochi anni, si gettano le fondamenta della Couture con l’aiuto di altri pionieri, come Paul Poiret, che lancia la propria Maison di profumi nel 1911, ma anche Jeanne Lanvin, Jean Patou, Madeleine Vionnet e Gabrielle Chanel, che sviluppano in particolare le boutique, gli accessori e il marketing. È l’inizio di un periodo d’oro che coniuga creatività inedita e know-how eccezionali. Arrivano poi gli anni Sessanta e Settanta con la rivoluzione del prêt-à-porter, che scuote il modello economico della Couture e il suo posto nel settore della moda.

Un modello immutabile al centro delle trasformazioni

La Couture è certamente senza tempo, al di sopra delle tendenze. Tuttavia, questa condizione rappresenta non solo il suo punto di forza, ma anche l’origine delle sue potenziali debolezze: se le regole che la definiscono sono cambiate ben poco dal 1945 (anno in cui acquisisce uno status giuridico), il panorama della moda ha invece visto molteplici trasformazioni, soprattutto l’internazionalizzazione e l’accelerazione costante dei ritmi di produzione e di distribuzione.

Ancora oggi, i requisiti per fregiarsi dello status di Haute Couture sono estremamente rigorosi: collezioni realizzate su misura, a mano, presentate due volte l’anno, a gennaio e a luglio; almeno 50 creazioni originali per collezione, con proposte per il giorno e la sera; uno studio a Parigi dove lavorino almeno 15 persone e un atelier composto almeno da 20 persone. Un quadro indispensabile per conservare lo status di know-how d’eccezione, ma che rappresenta anche una vera sfida economica. 

Un equilibrio economico complesso

Tutta la complessità del modello economico della Haute Couture risiede nella tensione tra il suo livello di rigore e d’eccellenza e le mutevoli aspettative dei clienti… Nell’epoca dei jeans e delle sneaker, la Couture ha ancora senso? È difficile ottenere dati precisi sul mercato della Haute Couture. Si parla in totale di 4.000 clienti in tutto il mondo, con prezzi unitari che partono da 100.000 € per i modelli più semplici fino a oltre un milione per quelli più elaborati, capi che richiedono centinaia se non migliaia di ore di lavoro. Complessivamente, il mercato è stimato a circa 500 milioni di euro, stando ai modelli presentati durante le due settimane della Haute Couture. Il confronto è con i 217 miliardi del mercato dei “beni di lusso” nel 2020…

La redditività dell’attività sembra quindi essere una sfida costante, come dimostra il calo del numero di operatori specializzati registrato negli ultimi decenni, che si tratti di Maison di moda o dei loro fornitori storici come pellicciai, cappellai, piumai, accessoristi, specialisti di passamaneria e ricamatori… La Haute Couture è condannata a scomparire?

Una leva d’immagine e di desiderio

Per Jean-Noël Kapferer, professore presso la HEC Paris e autore di diverse opere sul management specifico del lusso, la Haute Couture mantiene la propria rilevanza. “Caratterizza il lusso assoluto”, spiega. In un settore in cui la differenziazione è vitale, “conferisce ulteriore risalto ai marchi di lusso. Una sfilata di Couture è arte. Spingendo più in là i confini tra ciò che è fattibile e ciò che non lo è, la Couture permette alle Maison di creare emozioni, di alimentare nuovamente il desiderio, il sogno, cosa fondamentale perché quest’ultimo verrà per forza di cose smorzato dal successo commerciale”. La sfida consiste quindi nel trasformare il desiderio in azione, l’interesse in acquisto, soprattutto all’interno delle altre categorie di prodotto: “l’aura della Haute Couture si riflette sulle altre attività e allo stesso tempo trasforma la visione del marchio. Se esiste un luogo in cui il riverbero funziona, è proprio la Haute Couture! La sua audacia, la sua creatività sosterranno il prêt-à-porter, permettendo alle Maison di stabilire prezzi elevati e quindi di acquisire autorevolezza simbolica”.

Didier Grumbach, presidente onorario della Fédération de la Haute Couture e figura di spicco del settore da oltre 50 anni, conferma questo potenziale, che ha osservato da una prospettiva privilegiata: “Anche se non sono necessariamente destinati a essere indossati, i capi della Haute Couture rafforzano lo status della Maison che li presenta”. L’ex presidente della Maison Mugler segnala un vantaggio decisivo dell’attività: “la Couture rappresenta in particolare una risorsa importante per sviluppare un’offerta di profumi”.

Il potenziale degli “UHNWI”

Per Claudia D’Arpizio, esperta del settore del lusso all’interno della società Bain&Co, l’attività ha pienamente senso quando si considera il numero crescente degli Ultra High-Net-Worth Individual (UHNWI, persone con oltre 30 milioni di dollari di disponibilità da investire). Un target certamente ristretto, ma in espansione (nel 2020 quasi 500 persone sono diventate miliardarie, portando il totale a 2755) e ovviamente con un altissimo potenziale. “Negli Stati Uniti, in Cina e nei mercati emergenti, il segmento degli UHNWI è in piena crescita, ma è anche caratterizzato da un’estrema competitività. La Haute Couture apre un terreno di dialogo differenziato con i propri particolarissimi consumatori, con la promessa di un rapporto a lungo termine. D’altronde, questi clienti non acquisteranno esclusivamente Haute Couture: possono essere interessati a proposte di Alta Gioielleria, ad esempio. Si stima che gli acquisti di lusso degli UNHWI rappresentino oltre 80 miliardi l’anno”. La Haute Couture deve quindi essere considerata un creatore di rapporto e di opportunità: “È così che le Maison funzionavano in passato. Monsieur Balenciaga manteneva ottimi rapporti con le proprie clienti, che diventavano persino ambasciatrici della Maison”.

Le condizioni del successo

In questo contesto, perché così poche Maison si dedicano alla Haute Couture? Al di là dei requisiti richiesti dalla Fédération, con ogni probabilità è perché risulta un’attività incredibilmente complessa da svolgere, che richiede grandissime competenze da parte non solo dei dirigenti ma anche degli addetti dell’atelier…

“Non tutti i marchi possono permettersi di posizionarsi sulla Haute Couture“, spiega Jean-Noël Kapferer. “Ovviamente esiste un rischio finanziario. Tuttavia, il rischio maggiore per un marchio che ha una grande eredità è di paralizzare il marchio per eccesso di nostalgia, di trovarsi immobilizzati dal suo passato. Bisogna trovare il giusto equilibrio tra l’eredità del marchio e il suo proiettarsi nel futuro creativo“. “La Haute Couture ha senso solo se si resta fedeli e autentici rispetto al DNA della Maison. Poche Maison possiedono l’autorevolezza e l’eredità necessarie”, conferma Claudia D’Arpizio, che precisa che ovviamente non si tratta di chiudersi a riccio nel proprio passato: “se la Haute Couture è sinonimo di nostalgia, non penso che abbia un grande potenziale“.